EMANUELE
Abbiamo voluto la nostra seconda gravidanza, forse, ancora più tenacemente della prima, volevamo che Michela, la nostra meravigliosa bambina (2 anni e due mesi al momento del concepimento) avesse presto un fratellino.
Ho scoperto di essere incinta agli inizi di giugno 2005, il nostro ginecologo ci ha informati, con la prima ecografia, che il piccolino si era impiantato nell’angolo sinistro del mio utero, e non ha nascosto la sua preoccupazione per quella che ha definito una gravidanza probabilmente difficile.
Michela è stata una bimba meravigliosa sempre, ho avuto una gravidanza serena (quante dormite!),un parto (cesareo a 41 settimane) senza complicazioni e con pochissimo dolore, diciotto mesi di allattamento beato, e tanto, tanto amore, e per questo, nonostante la più completa fiducia e l’assoluta stima nel nostro ginecologo, ho voluto pensare che anche il mio secondo piccolino potesse essere un’esperienza serena.
In verità lo è stato fino alla ventisettesima settimana (quasi nessun problema, ma solo tanti controlli), e in alcuni momenti penso che anche tutto quello che è accaduto dopo non può essere definito sereno, nel significato classico del termine, ma sereno, in un senso difficilmente spiegabile, lo è stato ugualmente per noi, grazie a tutto quello che Emanuele ci ha donato e ci dona ogni giorno.
La sera del 27 ottobre 2005 Emanuele era particolarmente agitato, la mia amica Maria (grazie per ogni cosa, grazie per la tua amicizia) non poteva credere a come il mio pancione si muovesse per i calci del bimbo (non avevamo ancora deciso il nome, avevamo solo una rosa su cui “discutere”), al mattino, verso le 5, ho avuto delle perdite acquose che mi hanno subito insospettito, e dopo esserci accertati che il mio ginecologo fosse in ospedale(civile di Caserta), vi ci siamo recati per un controllo.
Il dottore Parisi, che non smetterò mai di ringraziare, mi ha fatto un ecografia e ci ha detto, che il sacco amniotico era rotto, perdevo le acque, e che dovevo essere ricoverata, per stare in completo riposo, per provare a portare la gravidanza avanti di almeno altre due settimane, il bimbo era troppo piccolo e rischiava di non farcela.
Ho provato angoscia, rabbia, paura di perdere il mio piccolino, ma più di tutto di quella mattina non so dimenticare il terrore di Michela, e le sue urla che mi imploravano di andar via con lei.
Ho trascorso cinque settimane a letto,( Pina.... semplicemente grazie, ti voglio bene), in ospedale supina, e in quella posizione ho mangiato, ho letto, ho lavorato a maglia, ho riso, ho pianto, ho conosciuto gente, ho chiacchierato, ho incontrato tante mamme con i loro piccolini, insomma ho vissuto, lontano da Michela e da mio marito Camillo, (che venivano a trovarmi quotidianamente) con l’obiettivo che ci univa, di far nascere il nostro piccolo Emanuele.
Abbiamo deciso di chiamarlo così appena sono stata ricoverata, tra una flebo, per prevenire le contrazioni e le istruzioni che impartivo a mio marito su come organizzare le giornate di Michela, che in quel momento era il mio pensiero fisso.

La mattina del 5 dicembre una delle ostetriche mi ha fatto il tracciato (me ne facevano anche tre al giorno) per controllare il battito di Emanuele ed ho capito che qualcosa non andava, avevo imparato a leggere i tracciati alla mia prima gravidanza insieme a molte altre cose, e questo mi ha a volte aiutata, a volte stressata.
Alle 9:00 il mio medico è passato a dirmi che mi avrebbe operato da lì a poco perché il cuoricino del mio bambino aveva delle decelerazioni, ma di stare tranquilla, d’altra parte si era già deciso di far nascere Emanuele il 6 dicembre perché da un paio di settimane non cresceva più e la settimana di gravidanza in cui ero arrivata (trentaduesima) era un grande traguardo (volevamo far passare due settimane, e invece ne erano passate cinque).
Non c’era nessuno con me, ho avvisato Camillo gli ho detto di accompagnare Michela a scuola e di non avvertire nessuno, così sono entrata in sala operatoria accompagnata dalle allieve ostetriche che mi ha hanno aiutata durante tutto il mio ricovero in ospedale (grazie della disponibilità e dell’affetto che mi avete dato).

Emanuele è nato alle 9:30 del 5 dicembre 2005, con molta fatica dei medici che non riuscivano a tirarlo fuori, ed io non l’ho potuto ne vedere, ne sentire perché non ha pianto, aveva indice di Apgar1’:3 ed è stato intubato in sala operatoria.
Fuori Camillo vedeva entrare ed uscire i medici del reparto di ostetricia, ho rischiato di morire e si è deciso per un isterectomia subtotale.
Emanuele è nato di 1400 gr, ed è sceso a 1270 gr, con il calo fisiologico.
In un primo momento sembrava stesse bene, ma la notte del 5 dicembre è stato malissimo, i medici credevano che avesse problemi cerebrali incompatibili con la vita.
Quando mio marito è venuto in camera per comunicarmelo, ho creduto di morire, ho preteso che mi accompagnassero da lui, è ho visto per la prima volta il mio piccolo, tenero, forte cucciolo, e solo ora so di aver subito saputo che Emanuele avrebbe lottato.
Le notizie si alternavano tra belle e brutte, gli edemi cerebrali, di cui non si poteva prevedere l’esito, il peso che stentava a salire, la sepsi,le trasfusioni, ma soprattutto la sua enorme difficoltà a respirare autonomamente.


Emanuele è stato intubato per venticinque giorni (in cui i medici hanno mille volte provato a estubarlo senza successo), ci sono riusciti definitivamente l’1 gennaio 2006 (aiutati dal cucciolo che si è tolto da solo il tubicino dalla bocca, lo aveva già fatto altre volte), poi intorno al 16 gennaio ha avuto una crisi respiratoria seria ( solo dopo il medico di turno, che oggi si occupa di Emanuele, ci ha confessato di aver pensato ad una tracheotomia in T.I.N.), che si è risolta con molta fatica dei medici,
Si è deciso di indagare con una laringoscopia ( Emanuele emetteva uno stridore continuo) eseguita al Santobono, ospedale pediatrico di Napoli.
Di ritorno alla T.I.N. di Caserta Emanuele era distrutto e con una diagnosi di stenosi sottoglottica (restringimento della laringe sotto le corde vocali) che andava trattata, ma ciò non era possibile ne a Caserta ne a Napoli.
Dopo una serie di ostacoli che preferisco dimenticare Emanuele ha salutato i medici e le infermiere di Caserta per approdare al Bambin Gesù di Roma.
Alla professionalità del personale della T.I.N. di Caserta dobbiamo la vita di nostro figlio, alla dott.ssa Mariella Vendemmia, una cara amica che con professionalità e rara sensibilità ci ha aiutati e sostenuti, soprattutto nel credere alla forza del nostro bimbo, al dott. Italo Bernardo, che ha saputo comunicarci anche le peggiori notizie con serenità, e ci ha aiutati nei primi momenti a casa di Emanuele, al dott. Gaetano Ausanio, che ci incoraggiava ad ascoltare il bello e il brutto, ed ad aggrapparci soprattutto al bello, alla sig. Fiorella, che non sapremo mai ringraziare abbastanza per come ha saputo silenziosamente curare, amare, coccolare Emanuele, alla sig. Pina……..
Il 27 gennaio Emanuele è stato trasferito a Roma alla sede gianicolense del Bambin Gesù, dove hanno confermato la diagnosi di stenosi sottoglottica, che si accompagnava ad una paralisi delle corde vocali (Emanuele era afono), e il 10 febbraio è stato operato, con laserterapia CO2, dal dott. Bottero nella sede del Bambin Gesù di Palidoro(grazie!grazie!grazie! anche a tutto il personale della terapia intensiva).
Ci hanno detto che l’intervento era difficile, che rischiava di essere intubato nuovamente, o peggio tracheotomizzato, per aspettare un nuovo intervento ad un anno, ed altro…..,(abbiamo trascorso l’ora più indescrivibile della nostra vita, Michela era lì con noi), ma Emanuele è stato bravissimo è uscito dalla sala operatoria che respirava autonomamente e aveva risolto il problema, il giorno dopo è stato riportato al gianicolo, da dove è stato dimesso il 24 febbraio, il giorno prima del compleanno di Michela.

Roma ha rappresentato mille cose, ma soprattutto la possibilità di occuparmi quasi a tempo pieno del mio bimbo che ho nutrito, lavato, addormentato, a Caserta potevo vederlo per un ora al giorno, a Roma trascorrevo otto, nove ore con lui, che non mi bastavano mai.
Michela e Camillo stavano a Caserta e ci raggiungevano nel fine settimana, io ho vissuto da mia cugina Claudia( ti adoro!) prima e da una cara amica poi, Tilde, che si è occupata di me, mi ha nutrita e coccolata come solo una sorella o una madre sanno fare.
Ho trascorso i giorni al Bambin Gesù tra il reparto dove Emanuele era ricoverato e la stanza della tiralatte, ebbene si tiravo il latte ogni tre ore, il mio bimbo ha mangiato quasi esclusivamente il mio latte, e pochi giorni prima delle dimissioni ha cominciato a succhiare direttamente al seno.
Devo tutto questo alla mia profonda fede nell’allattamento materno, alla mia fortunata produzione (sono riuscita a donare latte durante la mia permanenza al Bambin Gesù), ed alla consulente del latte Machi.
Emanuele oggi ha venti mesi e succhia ancora al seno.


Abbiamo conosciuto tanti bambini, e i loro genitori, abbiamo costruito solidarietà, abbiamo vissuto momenti di terrore puro per ogni bimbo, che peggiorava o che non ce la faceva, e momenti di altrettanta felicità per ogni dimissione, per ogni intervento riuscito.
Ho nel cuore ogni mamma che ho incontrato, e non potrò mai dimenticare gli occhi dei loro bambini. Grazie a tutti , ma soprattutto grazie a Isabella e alla sua principessa.
Grazie al dottor Seganti,e ad ogni medico, alle infermiere, alla psicologa, a tutti quelli che ancora oggi si occupano di Emanuele.
Emanuele è tornato a casa di 2350gr, avevamo il terrore di non poter monitorare il respiro, il battito cardiaco, senza le infernali macchinette dell’ospedale, ma lui è un tenero dolce guerriero, ed è cresciuto velocemente, mangia, ride, gioca, gattona, cammina, dice mamma, Chea (Michela),nonno, nonna,nanna (papà), grazie, ciao e ci sommerge d’amore.
Ho scritto la nostra storia sperando di essere di aiuto ad altri genitori come voi e il vostro sito avete aiutato noi nei primi momenti. Grazie a tutti
Emanuele, Michela, Camillo e Maria Rosaria.