La Malattia da reflusso gastro-esofageo
Dott.ssa G. Federici
Azienda Ospedaliera Pisana
U.O. Gastroenterologia, Endoscopia
Digestiva e Malattie del Ricambio
Presidio Ospedaliero di Cisanello
via Paradisa 2 56100 Pisa
Primario Dr. Alfonso Capria
La malattia da reflusso gastro-esofageo (GERD) e’ una sindrome clinica costituita da un complesso di sintomi, associati o meno a lesioni flogistico erosive a carico della mucosa dell’esofago distale,il cui determinante patogenetico e’ rappresentato dal reflusso gastro-esofageo.
Il quadro clinico della malattia risulta eterogeneo dal momento che i sintomi tipici( pirosi retrosternale e rigurgito) non sempre sono presenti e la stessa associazione con l’esofagite, documentata endoscopicamnete, appare inconstante.Dai dati della letteratura si ricava che almeno in un terzo dei pazienti non viene accertata l’esistenza di esofagite da reflusso.Se ne ricava che per valutare la frequenza della GERD nella popolazione i due indicatori ,clinico ed anatomico, non risultano equivalenti e debbano essere considerati separatamente.
La stima della prevalenza dei sintomi correlati al reflusso nella popolazione generale è difficile poiche’ solo i pazienti con i sintomi piu’ severi si rivolgono al medico. Dai vari studi la percentuale di prevalenza oscilla dal 2% al 26%;essa diviene maggiore quando vengono indagati campioni selezionati ,come ad esempio quelli affetti da dispepsia funzionale( 50%).
L’accertamneto dell’esofagite richiede l’esecuzione dell’esame endoscopico e quindi i dati disponibili fanno riferimento a casistiche di pazienti sottoposti a questa indagine.
La prevalenza dell’esofagite nelle varie popolazioni varia dall’1.1% della Danimarca al 15.7% degli USA.;la notevole variabilita’ dei dati dipende sia dalle caratteristiche del campione indagato che dall’area geografica di provenienza.
In Italia ,secondo lo studio policentrico GISMAD, effettuato nel ‘92-’93 la prevalenza dell’esofagite e dell’8.6% (percentuale molto vicina a quella dell’ulcera duodenale).
Patogenesi della GERD
Il reflusso g.e. e’ un fenomeno che si verifica fisiologicamente piu’ volte al giorno nei soggetti normali.
Episodi di reflusso fisiologico si verificano spesso nel periodo post-prandiale, molto raramente di notte, hanno breve durata e sono spesso asintomatici;il reflusso assume rilevanza clinica quando a causa della sua frequenza ed entita’ e/o alterata sensibilita’ della mucosa esofagea, induce la comparsa di sintomi e/o esofagite.
La patogenesi della GERD e’ multifattoriale;i fattori che determinano l’instaurarsi di una esofagite da reflusso comprendono:
Barriera antireflusso
E’ la risultante delle strutture anatomiche presenti a livello della giunzione esofago-gastrica e del loro comportamento funzionale; sono rappresentate da:
In passato ,l’ernia iatale da scivolamneto e’ stata a lungo ritenuta fattore determinante per il verificarsi del reflusso.Mentre la maggior parte dei pazienti con ernia iatale non ha malattia da reflusso, l’esofagite moderata o severa o l’esofago di Barrett sono spesso associati alla presenza dell’ernia.
L’ernia si associa frequentemente al reflusso, ma il reflusso puo’ verificarsi anche indipendentemente dalla sua presenza.
Dagli anni ’60 l’attenzione degli studi si e’ spostata sul ruolo svolto dal LES.
E’ stato possibile accertare mediante le registrazioni pH-manometriche prolungate che la P basale del LES varia nelle diverse ore della giornata (più bassa in fase post-prandiale e piu’ elevata nelle ore notturne) e puo’ essere modificata da diversi fattori e farmaci.
La P del LES e’ ridotta da : grassi, cioccolato, menta, alcol, farmaci ( sedativi, ca-antagonisti, teofillina, morfina, progesterone); e’ aumentata da :farmaci ( metoclopramide, domperidone, cisapride, proteine).
Solo in una percentuale di pazienti affetti da reflusso g.e. la bassa P basale del LES ( < 10 mmHg) puo’ essere ritenuta la principale responsabile del verificarsi degli episodi di reflusso.
Le cause dell’ipotonia del LES non sono note.
Le pH-manometrie prolungate hanno permesso di chiarire i meccanismi principali attraverso i quali si verificano gli episodi di reflusso g.e.:
Nei pazienti con GERD una percentuale consistente di episodi di reflusso si verifica durante l’inibizione sfinteriale indotta dalla deglutizione;nei soggetti normali ,invece, il meccanismo piu’ frequentemente responsabile del verificarsi del reflusso, risulta la inibizione transitoria del LES:
Contenuto gastrico
Gli alimenti ingeriti, la secrezione gastrica, lo svuotamento gastrico, il reflusso duodeno-gastrico e il grado di distensione gastrica determinano il volume gastrico.
Modificazione di uno qualsiasi di questi fattori puo’ aumentare il volume gastrico e favorire il reflusso.E’ stato dimostrato che l’aumento di volume del contenuto intragastrico aumenta la frequenza delle inibizioni transitorie spontanee del LES e che in fase post-prandiale la P basale del LES si riduce e la frequenza dei reflussi g.e. aumenta.
Clearance esofagea
Il tempo di contatto tra il materiale refluito e la mucosa esofagea dipende dalla frequenza e dall’entita’ del reflusso e dalla capacita’ di clearing dell’esofago.Perche’ quest’ultimo sia efficace, esso deve ridurre il volume del materiale refluito e riportare il pH intraesofageo a valori normali.
L’efficacia del clearing dipende da:
In condizioni normali bastano una o due sequenze peristaltiche primarie per permettere la clearance dell’esofago di un bolo fluido di 15 ml; inoltre e’ stato dimostrato che la presenza di acido nell’esofago stimola la peristalsi secondaria ed aumenta la frequenza degli atti deglutitori e quindi la peristalsi primaria. In situazioni di pH intraesofageo < 5 prolungato, aumentano al contrario le contrazioni peristaltiche anomale e pertanto la capacita’ di clearance esofagea viene ridotta:Nei pazienti con esofagite grave la presenza delle onde peristaltiche anomale arriva al 50%.
La saliva ha pH alcalino ( 6.4-7.8); neutralizza le piccole quantita’ di acido residuate nell’esofago dopo che il volume del materiale refluito e’ stato ridotto grazie all’attivita’ peristaltica. Nei soggetti nornmali, allorche’ la mucosa esofagea si trova esposta all’acido, grazie al riflesso esofago-salivare, la secrezione salivare aumenta fortemente; nei soggetti con esofagite questo riflesso sembra ridotto.
Un fattore ,inoltre, che puo’ rendere piu’ efficace il clearing, almeno nei pazienti con alterazione dell’attivita’ peristaltica primaria, e’ la gravita’.
L’utilizzazione della gravita’, ottenuta mediante il sollevamento della testiera del letto, sembra rappresentare un elemento terapeutico importante in questo gruppo di pazienti, specie nelle ore notturne, quando cioe’ gli altri meccanismi di clearing sono comunque meno attivi.
Resistenza della mucosa esofagea al materiale refluito
Le strutture anatomiche e funzionali che consentono all’epitelio esofageo di resistere all’azione lesiva esercitata dal materiale refluito costituiscono la cosidetta " barriera mucosa esofagea". Per quanto ampiamente studiata negli ultimi anni, la barriera mucosa esofagea e’ assai meno definita sia sul piano citoarchitetturale che, soprattutto nei suoi meccanismi funzionali, rispetto alla analoga barriera mucosa gastrica, che protegge lo stomaco dall’azione aggressiva dell’ HCl.
La mucosa esofagea nell’uomo e’ costituita da cellule squamose non cheratinizzate disposte in vari strati e contenenti poche ghiandole sottomucose localizzate prevalentemente all’estremita’ prossimale e distale.
Le cellule della mucosa esofagea con le loro connessioni, la matrice interstiziale, i vasi e la secrezione ghiandolare rappresentano la vera e propria barriera mucosa esofagea.
Gli ioni H+ refluiti nel lume esofageo rappresentano uno dei fattori aggressivi dotati di maggior potenziale lesivo per la barriera mucosa ed e’ per questo che le cellule mucose posseggono efficienti meccanismi di regolazione del trasporto degli H+.
Funzionalmente la barriera mucosa esofagea ha la capacita’ di opporsi alla libera diffusione degli ioni dal lume verso la sierosa mediante i " flussi ionici " che sono di due tipi: paracellulari e transcellulari. I primi vengono regolati dalla matrice intercellulare e dalle " giunzioni strette " dello strato corneo, i secondi dalla resistenza opposta dalle membrane apicali e baso-laterali delle cellule e dalle varie pompe a sistemi di trasporto cellulare ( che normalmente coincidono con le pompe di trasporto del Na+).
La mucosa esofagea si protegge anche: 1) mediante la secrezione luminale di bicarbonati da parte delle ghiandole sottomucose per lo piu’ localizzate nel III distale del viscere(questa secrezione e’ in grado di riportare il pH del contenuto residuo dell’esofago ,cioe’ quello che rimane dopo un reflusso,da 2.5 a 6.7 indicando che i bicarbonati contribuiscono in maniera significativa alla clearance dell’esofago); 2) aumentando il flusso sanguigno durante l’esposizione della mucosa esofagea all’acido (l’aumento del flusso consente un maggior apporto di sistemi tampone ed una migliore ossigenazione del tessuto leso); 3) aumentando il turn-over dello strato basale.
L’insieme di queste strutture consente alla mucosa esofagea di conservare la propria integrita’ strutturale e funzionale in presenza di acido nel lume. Tuttavia quando l’esposizione si prolunga nel tempo o il carico acido e’ particolarmente rilevante, i sistemi di trasporto diventano insufficienti ed allora compare il danno mucoso.
Poiche’ :
ne deriva che fattori patogenetici diversi dall’acido possono esercitare un ruolo patogenetico importante nell’insorgenza del danno mucoso esofageo. Tra questi ricordiamo .
Vari studi hanno documentato che la perfusione dell’esofago di animali con soluzioni acida a pH <2 non induceva danno mucoso, a meno che all’acido non venisse associata pepsina; la presenza di pepsina nel materiale intraesofageo refluito, facilita la permeabilita’ degli ioni H+ da parte della mucosa esofagea.
Gia’ dagli anni ’50,in base a studi effettuati su cani trattati con diversione biliare, si sapeva che la presenza di bile in esofago causava una esofagite erosiva. I pazienti con esofagite da reflusso presentano un considerevole aumento del reflusso duodeno-gastrico, come indicato dalla presenza di aumentate concentrazioni intragastriche di ac. Biliari totali.
Oggi vari autori hanno dimostrato che gli acidi biliari danneggiano direttamnete la mucosa esofagea, aumentando la permeabilita’ della mucosa agli ioni H+.
Sintomi e complicanze
I sintomi riferibili al reflusso gastroesofageo sono molto comuni nella popolazione e la modalita’ di presentazione, il decorso e le complicanze sono quanto mai variabili da un paziente all’altro.
Alcuni sintomi sono piu’ frequenti( pirosi, rigurgito) e richiamano subito l’attenzione del paziente e del medico sull’esofago, altri ( come la scialorrea, il dolore toracico, la raucedine o la tosse ricorrente) sono meno comuni, simulano altre patologie( angina o asma) e fanno si’ che spesso i pazienti siano inizialmente indirizzati verso indagini specifiche per altri organi ed apparati ( cuore ed apparato respiratorio).
I sintomi della GERD possono essere suddivisi in sintomi tipicamnete esofagei ed extraesofagei.
Sintomi toracici Sintomi orofaringei
Pirosi Scialorrea
Rigurgito Raucedine
Disfagia Globo
Odinofagia
Dolore toracico
Sintomi vari Sintomi respiratori
Singhiozzo Tosse ricorrente
Eruttazioni, nausea Crisi di broncospasmo
S. dispeptica Ricorrenti " ab ingestis"
Il ruolo del RGE quale possibile fattore di complicanze sopraesofagee e’ attualmente in corso di verifica ed approfondimento. La dimostrazione endoscopica di un’esofagite non costituisce di per se’ un elemento indicativo del ruolo della GERD nella genesi delle alterazioni sopraesofagee, ma dovrebbe comunque allertare il medico circa la possibilita’ di una qualche relazione tra il reflusso e particolari disturbi lamentati dal paziente.
In un recente studio su un ampio gruppo di popolazione si e’ cercato di definire la significativita’ dell’associazione dell’esofagite con alcune condizioni polmonari e laringee I piu’ elevati valori di odds ratio sono stati quelli relativi all’associazione tra GERD ed asma bronchiale, fibrosi polmonare e stenosi laringea.
Un’esofagite erosiva e’ stata riscontrata in circa il 40% di un gruppo di asmatici ed in questa categoria di pazienti e’ stata riportata, rispetto alla popolazione generale, un’aumentata frequenza di episodi di reflusso.
Il RGE e’ stato stimato rappresentare fattore causale primario del 10% circa dei pazienti con tosse idiopatica, nel 5-10% dei soggetti con raucedine ricorrente e nel 50% di quelli con disturbi tipo globo.
Diagnosi
La GERD provoca lesioni a carico della mucosa esofagea per l’azione diretta dell ‘ Hcl e della pepsina o della bile.
L’esame endoscopico risulta essere l’indagine piu’ efficace per la diagnosi di lesioni da GERD, poiche’ oltre ad una visione completa dell’esofago e della giunzione esofago-gastrica, permette anche l’esecuzione di biopsia nonche’ una precisa diagnosi differenziale.
La classificazione endoscopica di Savary-Miller e’ la piu’ osservata; in base ad essa l’esofagite viene distinta in 4 gradi:
Grado Lesione
esofago di Barrett
Terapia
Gli obiettivi di una terapia ideale dovrebbero essere.
La terapia ideale dovrebbe consentire il raggiungimento di tutti questi obiettivi senza provocare effetti indesiderati.
Prima di iniziare una terapia farmacologica e’ buona regola spiegare al paziente alcune modificazione delle proprie abitudini.
La terapia della GERD prevede una terapia di attacco necessaria per la guarigione delle lesioni mucose acute ed una terapia di mantenimento utile per la prevenzione delle recidive.
Terapia a breve termine
Si basa oggi sull’uso pressoche’ esclusivo di due gruppi di farmaci.
Un problema ancora aperto e’ rappresentato dall’uso di antiacidi ed alginati. Studi clinici hanno evidenziato che questi tipi di farmaci sono lievemente superiori al placebo nella terapia a breve termine dei sintomi tipici della GERD, mentre vi sono risultati contrastanti sugli alginati. Non vi sono evidenze convincenti del fatto che gli antiacidi e gli alginati siano di qualche beneficio nel trattamento dell'esofagite, ma molti pazienti li utilizzano anche senza consultare il medico, evidentemente perche’ ne traggono una sufficiente remissione sintomatologica.
Terapia antisecretiva
La GERD deve essere considerata una malattia acido-correlata , come dimostrano gli eccellenti risultati terapeutici ottenuti con gli antisecretivi(nonostante il ruolo altrettanto fondamentale svolto dalla anomalia motoria nella patogenesi della malattia).
Esiste una correlazione diretta tra la durata e il grado dell’inibizione acida da parte dei diversi farmaci antisecretivi e la cicatrizzazione dell’esofagite. E’ molto importante raggiungere e mantenere un pH intragastrico relativamnete elevato, poiche’ il pepsinogeno non viene attivato a pH > 4 e quindi il reflusso risulta meno lesivo nei confronti della mucosa esofagea.
La misurazione del pattern circadiano (mediante pH-metrie prolungate) della secrezione gastrica in corso di GERD ha fatto emergere numerose differenze nei confronti di altre patologie acido-correlate, con importanti riflessi dal punto di vista terapeutico. I pazienti con GERD sembrano avere una maggiore sensibilita’ all’acido ( si in termini di sintomi che di capacita’ lesiva) maggiore rispetto ai pazienti con ulcera duodenale e di conseguenza l’entita’ dell’inibizione acida richiesta per ottenere percentuali di guarigione soddisfacenti (dell’ordine dell’80-90%) e’ mediamente superiore a quella di pazienti con ulcera duodenale. Cio’ sembra suggerire che anche piccole quantita’ di secrezione gastrica residua esercitano un ruolo patogenetico rilevante nel mantenimento del danno mucoso.
Un secondo aspetto riguarda la durata dell’inibizione acida. Numerosi studi clinici hanno dimostrato l’importanza dell’inibizione della secrezione acida notturna nell’indurre la cicatrizzazione dell’ulcera gastrica e duodenale, per cui e’ ormai validata la pratica clinica di somministrare gli H2 antagonisti in una singola dose serale nel trattamento di queste patologie. L’esofagite da reflusso richiede un approccio terapeutico differente. In fatti, anche se gli episodi di reflusso g.e. , tendono ad essere piu’ frequenti durante le ore notturne, almeno in una categoria di pazienti con esofagite definiti secondo i parametri di Johnson e De Meester " supine refluxers", e’ ormai ampiamente dimostrato che il reflusso acido avviene anche nelle ore diurne nei cosiddetti " upright refluxers" o " combine refluxers".
La finalita’ della terapia pertanto deve essere quella di ridurre il numero e la durata degli episodi di reflusso nel corso dell’intera giornata, cercando di inibire nel modo piu’ efficace possibile la secrezione acida delle 24 h.
Antagonisti recettori H2
Sono farmaci dotati di moderata efficacia terapeutica nei pazienti con GERD, tuttavia nella valutazione della loro efficacia occorre tener presente che la dose di farmaco utilizzata ha un ruolo critico. Nell’ultimo decennio,da quando sono state utilizzate dosi piu’ elevate di anti –H2 ( ad es. ranitidina 300 mg b.i.d. o q.i.d.), sono state descritte percentuali di guarigione dell’esofagite di II e III grado di circa il 70%,prolungando la terapia a 12 settimane.
Pertanto possiamo affermare che i farmaci antagonisti dei recettori H2:
Inibitori pompa protonica ( IPP)
A dosi standard ( Omeprazolo 20 mg – Lansoprazolo 30 mg – Rabeprazolo 20 mg – Pantoprazolo 40 mg ) si osserva:
Risultano pertanto piu’ efficaci degli anti H2 nella guarigione e nel controllo dei sintomi della GERD.
In seguito a Linee Guida uscite dal "Consensus statement for management of GERD- novembre 1997 – University Yale",si raccomanda:
Anche a dosaggi piu’ elevati, gli IPP sono estremamente ben tollerati e sicuri, sia nella terapia di attacco che di mantenimento. Rappresentano inoltre il trattamento economicamente piu’ vantaggioso nella gestione dei pazienti con GERD e questo grazie ad un piu’ rapido processo di cicatrizzazione delle lesioni mucose e ad un maggior sollievo sintomatologico rispetto alla altre classi di farmaci.
Procinetici
Altro componente importante nella fisiopatologia della GERD e’ il disordine motorio che determina il trasporto retrogrado del contenuto gastrico ed il contatto prolungato tra il reflusso gastrico lesivo e la mucosa esofagea.
I procinetici dovrebbero, pertanto, rappresentare il trattamento ideale; sfortunatamente i risultati clinici non sono cosi’ positivi come ci si aspetterebbe.
In questa categoria di farmaci ricordiamo la metoclopramide, il dompridone e la cisapride.
Studi condotti con metoclopramide dimostrano che il farmaco e’ efficace come gli anti H2 nel migliorare i sintomi, ma non c’e’ alcuna evidenza a sostegno del ruolo terapeutico sulla cicatrizzazione delle lesioni della mucosa; inoltre l’uso di tale farmaco e’ gravato da effetti collaterali antidopaminergici sul SNC (sonnolenza e disturbi extrapiramidali).
La Cisapride, secondo i vari studi riportati in letteratura, ha dato migliori risultati poiche’: 1) accelera lo svuotamento gastrico , 2) aumenta la P del LES ,3 ) migliora la clearance esofagea , stimolando le contrazioni peristaltiche nel corpo esofageo distale.
In studi controllati e’ risultata superiore al Placebo nella scomparsa dei sintomi, presentando effetti collaterali simili; sono state osservate percentuali di guarigione dell’esofagite del 40-80%;l’efficacia e’ risultata simile a quella di dosi standard di anti H2.
L’ uso della cisapride e’ controindicato in pazienti trattati con macrolidi, antifungini ed antidepressivi poiche’ questi tipi di farmaci inibiscono il citocromo P 450 3A4, il quale e’ necessario per il metabolismo del procinetico; il farmaco e’ inoltre controindicato nei pazienti predisposti allo sviluppo di aritmie cardiache.
La terapia concomitante di procinetico ed antisecretivo potrebbe essere la piu’ indicata nel trattamento della GERD, ma essa risulta costosa e pertanto viene riservata a casi selezionati quali casi che non rispondono ai soli IPP, soprattutto in presenza di rigurgito o sintomatologia respiratoria o notturna di particolare rilevanza.
Terapia di mantenimento
La GERd e’ una malattia recidivante con un tasso del 75-90% di recidiva dopo interruzione di una efficace terapia antisecretiva.
I fattori clinico-endoscopici predittivi di recidiva sono rappresentati da:
Nella terapia di mantenimento puo’ essere intrapreso un trattamento continuo o un trattamento intermittente.
Linee guida per il trattamento a lungo termine intermittente.
Linee guida per il trattamento a lungo termine continuativo
Secondo un Workshop tenuto in Belgio nel 1997 , nella GERD la terapia piu’ efficace dall’inizio e’ anche la piu’ conveniente in termini di costi/benefici. Si consiglia di iniziare la terapia nel paziente con esofagite con IPP; nella terapia di mantenimento, la dose deve essere ridotta alla dose piu’ bassa in grado di controllare i sintomi.
Terapia chirurgica
Lo sviluppo di tecniche mini-invasive ha sicuramente modificato le indicazioni chirurgiche della GERD.
Annotazioni: nel marzo 2000 la FDA ha diramato un comunicato attraverso il quale ha reso noto la decisione della Janssen Cilag Inc. di limitare a partire dal 14/07/00 l’uso di Cisapride negli USA; questa decisione e’ stata presa in seguito alla segnalazione di 341 casi di "ritmo cardiaco anormale" inclusi 80 decessi.
In Italia l’uso della Cisapride e’ stato limitato a partire dal 7 Dicembre 2000.