DANNO OSSIDATIVO E RETINOPATIA DEL PRETERMINE
G. Buonocore, S. Perrone
Istituto di Pediatria Preventiva e Neonatologia,
Università degli Studi di Siena
La retinopatia della prematurità, principale causa di cecità nell'infanzia nelle nazioni più evolute, è un'affezione tipica del neonato pretermine, in quanto caratterizzata da abnorme proliferazione dei vasi retinici immaturi. Lo stimolo biologico che ne promuove la proliferazione, non è ancora del tutto chiaro sebbene attualmente sia da tutti accettato il ruolo fondamentale dello stress ossidativo.
La frequenza di ROP può raggiungere l'85% nei pretermine di peso < 1 Kg e il 90% nei nati di età gestazionale < 27 sett. Tra questi, lo stadio III o IV si osserva nel 20% dei casi e il 2,5% di essi può progressivamente diventare cieco (1). Nel 1954 Ashton individuava nell'iperossia il fattore responsabile della vasocostrizione dei fragili capillari neoformati con conseguente ipossia locale e necrosi cellulare (2). Kretzer, trenta anni più tardi, sosteneva l'ipotesi che l'ambiente extrauterino, relativamente iperossico, espone i vasi retinici immaturi e carenti di difese antiossidanti all'attacco dei radicali liberi. La risposta delle cellule fusiformi, gravemente danneggiate, consiste sia nella formazione di gapjunctions con perdita della capacità di migrazione e canalizzazione in vasi normali, sia nella secrezione di un fattore angiogenico in grado di promuovere la vasoproliferazione ai bordi tra la retina vascolare e avascolare (3).
Obiezione rilevante a queste teorie, è la descrizione in letteratura di casi di ROP anche in neonati prematuri con cardiopatie cianogene che non sono stati mai iperossici (4).
Recentemente, i numerosi tentativi di identificare un timing d'insorgenza del danno oculare, hanno consentito di poter individuare in circa l’84% dei casi di incapacità visiva un'origine pre-perinatale (5).
I bambini che sviluppano ROP hanno spesso altre gravi affezioni del pretermine ed un decorso clinico molto più travagliato. Pertanto la patogenesi della malattia riconosce come momento essenziale il verificarsi di più eventi sfavorevoli: prematurità, ossigenoterapia, esposizione alla luce, ripetute trasfusioni, concomitanza d'altre patologie (RDS, BPD, IVH, PDA, sepsi), responsabili di un'aumentata produzione di radicali liberi o di una riduzione delle difese nei loro confronti (6).
L'azione patogena dei radicali liberi s'identifica con quella delle cosiddette specie tossiche dell'ossigeno e quindi con il danno di natura ossidativa, oggi noto anche sotto la denominazione di stress ossidativo (7). La nascita di per sé comporta un importante stress ossidativo per il repentino passaggio dall'ambiente intrauterino, relativamente ipossico (PO2 20-25 mmHg) e riscaldato, ad un ambiente extrauterino caratterizzato da concentrazioni d'ossigeno circa 6-7 volte più elevate.
La tossicità dell'ossigeno deriva dalla possibilità che da esso si generino molecole altamente reattive (anione superossido, perossido di idrogeno, ossigeno singoletto e radicale ossidrile) le quali, possedendo uno o più elettroni spaiati sull'orbitale esterno, tendono a raggiungere l'equilibrio interagendo con molecole vicine che diventano a loro volta radicali (8, 9).
L'organismo si difende dalle sostanze ossidanti prevenendone la formazione o promuovendone l'eliminazione attraverso sistemi di difesa detossificanti quali scavengers, antiossidanti, agenti respiratori e ossienzimi (10). Il neonato e soprattutto il nato pretermine e/o con peso alla nascita inferiore a 1500 grammi è particolarmente predisposto al rischio di danno ossidativo in conseguenza sia della maggiore produzione postnatale di radicali dell'O₂ sia dell'incapacità dei sistemi di protezione di limitare le reazioni da loro indotte (11). Lo sviluppo dei sistemi antiossidanti giunge a maturazione completa negli ultimi mesi di gestazione e può essere influenzato da ormoni e farmaci (12). Mentre nel neonato a termine sano il delicato bilancio fattori ossidanti/sistemi protettivi antiossidanti può mantenersi in equilibrio, nel nato pretermine questo difficilmente si verifica. Infatti, a causa dell'immaturità anatomo-funzionale del polmone, spesso occorre somministrare surfactante e fornire una ventilazione assistita con ossigeno a concentrazioni e a pressioni elevate. In tal modo si favorisce un'aumentata produzione di specie tossiche dell'ossigeno che sovrasta i meccanismi di difesa cellulare (13). Altre cause di predisposizione neonatale al danno ossidativo sono rappresentate dalla liberazione di ferro libero durante l'asfissia, dalla rapidità di formazione delle specie tossiche dell'O₂ e dalla sensibilità dei tessuti in rapida crescita e differenziazione all'effetto dei radicali liberi (14, 15). In tali situazioni, lo squilibrio della bilancia redox può avviare una serie concatenata di eventi patofisiologici, in grado di sovvertire la funzione e la morfologia dell'intera struttura cellulare con conseguenti gravi alterazioni tessutali (16).
Le specie reattive dell'O₂ possono attaccare e danneggiare qualsiasi componente di una cellula. In genere i più colpiti sono gli aminoacidi solforati e gli acidi grassi insaturi. Il radicale ossidrile può innescare una reazione a cascata nota come perossidazione lipidica in cui gli acidi grassi poliinsaturi sono scissi in prodotti idrosolubili, quali radicali lipoperossi (LOOˉ), lipidi idroperossi (LOOH), lipidi alcossi (LOˉ) e prodotti di frammentazione come la malonidaldeide (MDA) e gli alcani. Il risultato del danno è la perdita dell'integrità della membrana cellulare (17). Il danno perossidativo degli acidi grassi poliinsaturi può avvenire sia per effetto di reazioni catalizzate dagli enzimi cicloossigenasi e lipoossigenasi, sia per autoossidazione da parte dei radicali liberi dell'O₂ e da metalli di transizione quali ferro e rame. Il ferro, rilasciato dalle eme proteine in corso d'ipossia, può pertanto fornire un valido contributo al danno da riossigenazione, catalizzando la reazione di Fenton responsabile della riduzione del perossido di idrogeno a radicale ossidrile (18).
L'eccesso di produzione di radicali liberi è evenienza frequente nel neonato e può essere provocata in diverse condizioni metaboliche tra le più importanti delle quali vi sono l'ischemia riperfusione, l'attivazione fagocitaria, la cascata dell'acido arachidonico, il metabolismo delle catecolamine ed il metabolismo mitocondriale (19-21). Nel caso del nitrossido, prodotto dall'endotelio, dai neuroni e dai fagociti, l'eccesso può essere seguito dalla reazione tra nitrossido e superossido con formazione del nitroperossido, composto altamente reagente ed estremamente tossico (22). Radicali liberi si formano anche nelle reazioni fotochimiche e in altri processi biochimici ed enzimatici (23, 24). La produzione di specie radicaliche è quindi non solo legata all'iperossia ma anche a molteplici altre fonti tra cui paradossalmente l'ipossia di recente segnalazione.
La possibilità che le reazioni responsabili d'aumentata produzione radicalica avvengano in seguito ad ipossia è particolarmente interessante nel neonato. Studi recenti hanno dimostrato come prodotti di perossidazione lipidica (etano, pentano) compaiono nell'aria espirata di neonati pretermine con RDS e come la lipoperossidazione di lipoproteine plasmatiche è tanto più elevata quanto peggiori sono le condizioni del neonato e quanto più sfavorevole è la prognosi (16, 25-27). L'origine dei RL in queste condizioni è complessa e sembra dipendere almeno in parte, sia dalla reazione di Fenton, sia da alterazioni del metabolismo purinico, sia da attivazione fagocitaria (18, 28, 29). Altre vie che possono condizionare il rilascio di RL nel neonato comprendono la degradazione di xenobiotici e le radiazioni ionizzanti (30).
Qualunque sia la fonte prima dei radicali liberi nella retina essi svolgono un ruolo di primaria importanza nella ROP. Strettamente collegate sono le azioni mediate dalle sostanze vasoattive ed i fenomeni di lipoperossidazione a carico delle strutture retiniche, peculiarmente ricche di membrane e di acidi grassi poliinsaturi (31-34). U azione patogena dei RL può essere favorita sia dall'immaturità delle strutture retiniche e vascolari, sia dalla carenza del sistema antiossidante con particolare riferimento alla vitamina E ed alla sua proteina vettrice (35, 36). Altri fattori in causa possono essere l'aumento di viscosità plasmatica ed una elevata aggregazione eritrocitaria (37).
Il comune denominatore dei molteplici fattori in causa nel danno oculare è la produzione di radicali liberi responsabili in prima linea della vasocostrizione dei vasi retinici immaturi. La vasocostrizione interrompe il normale processo di migrazione vascolare e causa localmente ischemia. La conseguente lesione endoteliale innesca una serie di processi responsabili di ulteriore produzione di radicali liberi, che può causare necrosi e apoptosi delle cellule fusiformi e successiva formazione di gap-junctions. Si stabilisce pertanto un circolo vizioso in cui i radicali liberi possono causare lesione endoteliale diretta dei vasi immaturi; la lesione endoteliale a sua volta può innescare altri meccanismi responsabili dell'ulteriore produzione di specie tossiche. In tale complesso meccanismo la predisposizione genetica svolge un ruolo determinante. Recentemente è stata segnalata una mutazione missense sul gene della malattia di Norrie in pazienti con retinopatia grave (38, 39).
Il miglioramento delle conoscenze riguardanti il meccanismo d'azione dei radicali liberi ha apportato nuove prospettive nella protezione dal danno ossidativo. L’ipotesi che una prolungata esposizione alla luce diurna possa determinare gravi alterazioni retiniche danneggiando i fotorecettori, l'epitelio pigmentato e la coroide è attualmente controversa. Diversi autori sostengono che la diminuzione della luce in Terapia Intensiva non riduce la frequenza della ROP nei neonati ad alto rischio per lo sviluppo di questa patologia (40, 41). Appare comunque prudente il ricorso a luci soffuse negli ambienti di assistenza al neonato.
L’iperbilirubinemia serica non sembra essere un fattore protettivo nel determinismo della retinopatia (42). Parimenti, il numero di trasfusioni di sangue pare non influenzare in modo significativo il rischio di sviluppare ROP (43). Interessante é la nuova segnalazione della correlazione tra somministrazione di dopamina e sviluppo di ROP in neonati di peso < 1000 g (44). Recenti studi clinici e sperimentali (45, 46) hanno dimostrato l'utilità del cortisone (desametasone) somministrato alla madre prima del parto nel ridurre la frequenza o la gravità del danno retinico dopo la nascita.
Numerosi tentativi a scopo preventivo sono stati effettuati con farmaci antiossidanti. E' stato a lungo ritenuto che la somministrazione di vitamina E potesse inibire l'incremento di gap-junctions, ridurre la sintesi di trombossani e aumentare la sintesi di prostacicline. In realtà non tutti gli autori sono concordi nell'evidenziarne l'efficacia, mentre ben noti oramai sono i rischi associati ad un sovradosaggio: sepsi, enterocolite necrotizzante, emorragia intraventricolare, aumento di mortalità (47). Il motivo principale della parziale inefficacia del trattamento con vitamina E è che essa è solo uno dei molteplici componenti del patrimonio antiossidante proprio di ogni individuo e peraltro non il singolo fattore in causa nella patogenesi del danno ossidativo retinico.
E' verosimile, come descritto da alcuni autori, che la prevenzione della ROP sia ancora un ideale da raggiungere (48). Certo è che l'ipossia, e soprattutto, la variabilità della PaO₂ nei primi giorni di vita ne aumentano significativamente la predisposizione, in particolar modo nei nati pretermine con peso molto basso alla nascita.
In conclusione, la ROP è una malattia multifattoriale in cui la base è rappresentata dall'immaturità retinica; su tale base molti agenti concorrono in sinergia nel determinismo del danno tissutale, essendo ciascuno responsabile, sia pure in momenti e con meccanismi diversi, della generazione di radicali liberi. I radicali liberi svolgono un ruolo fondamentale agendo sia direttamente sul tessuto retinico, sia indirettamente attraverso alterazioni circolatorie distrettuali indotte.