La mia storia

Mi chiamo Francesca, sono nata alla 24a settimana di gestazione a causa di una brutta infezione al liquido amniotico (corioamniosite) il 9 Novembre 2000.

Una notte la mia mamma, che era stata pochi giorni prima dal ginecologo il quale aveva detto che era tutto a posto, comincio’ a sentire le contrazioni e dopo aver telefonato in Ospedale, poiche’ la situazione era in via di peggioramento si reco’ subito al pronto soccorso ginecologico.

Le venne diagnosticata subito una dilatazione di circa un dito e le dissero che sarebbe stato molto difficile fermare il travaglio che era gia’ in corso.

Non capirono pero’ quale potesse essere la causa scatenante delle contrazioni e le analisi che fecero in seguito, non diedero alcun risultato utile.

La ricoverarono e le somministrarono subito Vasosuprina, per far cessare le contrazioni.

I medici dissero che avrebbe partorito a breve e vista la mia bassa eta’ gestazionale non sarei sopravvissuta.

La mia mamma strinse i denti e riusci’ a resistere alle contrazioni per due giorni in modo da permettere al Celestone (un corticosteroide che permette la maturazione dei polmoni dei bimbi) di fare il suo effetto.

Quando i medici e gli infermieri uscivano dalla stanza, la mia mamma aumentava fino a due tre volte il flusso della flebo con la Vasosuprina, rischiando la tachicardia, ma riuscendo a resistere minuto dopo minuto, per due giorni.

Quando, nonostante tutto, un’ostetrica disse al mio papa’ che la mamma avrebbe abortito entro poche ore, capirono che non ci sarebbe stato niente da fare e che, come aveva detto due giorni prima un medico "Il travaglio non si ferma…".

Era vero….il travaglio non si ferma, ma quello che invece avevano sbagliato era che non sarebbe stato un aborto, ma l’inizio di una lunga storia.

Cosi’ venni al mondo, con la mia mamma spezzata da due giorni di lancinanti sofferenze e il mio papa’ in un angolino della sala parto, spaventato a morte dalle parole dei ginecologi.

Ero un ragnetto di 690 g tutto bluastro, mi portarono via dalla sala parto di corsa, non respiravo e non piangevo.

Quando il mio papa’ passo’ davanti alla sala rianimazione vide almeno otto persone che lavoravano affannosamente attorno a me.

Diagnosticarono un APGAR = 1, l’unica cosa che funzionava, appena appena, era il cuore.

Un amico di papa’ e mamma, neonatologo, venne in ospedale e disse: "Se la bambina sopravvive, questi mesi saranno molto piu’ duri per i genitori che per lei."

"Beh, che problema c’e’?" chiese il mio papa’ "Lei sta in incubatrice e quando sara’ cresciuta la porteremo a casa…"

Nulla di piu’ falso, l’ottovolante della prematurita’ e’ una cosa che si capisce solo quando la si vive.

Cosi’ mi ritrovai in un’incubatrice con una cannuccia nel naso che mi permetteva di respirare, con un ago in vena che mi nutriva e una serie di sonde che monitoravano il mio stato di salute.

Il giorno dopo il Primario disse ai miei genitori, che, nonostante le iniezioni di surfattanti, i polmoni non reagivano e che essendo un caso di prematurita’ cosi’ spinto, se avessi continuato ancora per un po’ di tempo cosi’, sarebbe stato molto difficile salvarmi.

Le mie condizioni sembravano disperate, ma il giorno seguente i polmoni cominciarono a dare segni di funzionamento.

Il mio peso scese fino a 550 g per il calo fisiologico ed ero veramente un ossicino, ma ero viva.

Respiravo con l’aiuto della macchina e il 25-30 % di ossigeno che e’ considerato un ottimo valore.

Provarono a somministrarmi 0,5 cc di latte materno che la mia mamma si tirava con la macchinetta per iniziare a stimolare le funzioni digestive.

E li’ inizio’ la discesa vertiginosa sull’ottovolante.

Il giorno dopo mi si comincio’ a gonfiare la pancina; sembravo un palloncino, il mio fabbisogno di ossigeno era salito moltissimo, fino al 70-80% di FiO2; respiravo a fatica perche’ il gonfiore premeva sul diaframma, impedendomi di compiere gli atti correttamente.

Una mattina suono’ il telefono a casa e dissero al mio papa’ di correre in ospedale perche’ avrebbero dovuto operarmi di urgenza.

Mi si era perforato l’intestino a causa della NEC (Enterocolite Necrotizzante), una patologia tipica dei prematuri che e’ causata dalla scarsa vascolarizzazione dell’intestino.

I chirurghi valutarono la situazione e decisero che essendo cosi’ piccola non avrebbero potuto operarmi perche’ essendo anche intubata, non avrei avuto margini di recupero.

Si prospettavano 3 casi:

  1. Sarei stata operata con scarsissime probabilita’ di sopravvivenza
  2. crepavo per colpa della NEC
  3. avrebbero potuto mettere un drenaggio per sfogare i gas nella pancia e aspettare gli eventi

E cosi’ fecero, mi misero un ago nell’addome con cui spurgare parte della materia uscita dall’intestino e cio’ permise anche di sfogare i gas.

Cosi’ la mia situazione respiratoria miglioro’ rapidamente.

Lo scopo era anche quello di prendere tempo per poter guadagnare peso e affrontare un’operazione con un pochino di possibilita’ in piu’.

Intanto il commento dei medici ai miei genitori era: "Beh, Signori, cosa pretendete…e’ una 24ma settimana…."

Il Primario, che la sapeva lunga...., invece nel frattempo si era un pochino sbilanciato: "La luce in fondo al tunnel e’ ancora accesa", disse, " Secondo me non morira’…."

Nei giorni seguenti la pancia era sempre gonfia, ma sembrava morbida e quindi si poteva sperare, nel frattempo mi ero strappata il drenaggio, perche’ volevo dimostrare quanto ero forte.

Iniziarono a darmi un pochino di latte in piu’ per vedere come reagivo; mangiavo 1 cc 7 volte al giorno.

Finche’ accadde quello che era stato ventilato come possibile, ma rarissimo.

Una mattina il mio papa’, che veniva sempre a trovarmi prima di andare al lavoro, scopri’ nel mio patello una cosa meravigliosa:

La Cacca.

Si mise a gridare a tutti "La cacca!!! La cacca!!!"

La gente lo guardava come se fosse pazzo, invece questo voleva dire che mi ero canalizzata da sola; probabilmente le pareti dell’intestino si erano appoggiate tra loro creando un’aderenza, che normalmente e’ un problema, ma che in questo caso tappava il buco creatosi e rappresentava la salvezza.

Forse non sarei stata operata.

La saturazione di ossigeno nel sangue (FiO2) era migliorata, respiravo con il 50% di O2.

I miei genitori cominciavano a riprendere fiducia, finche’ una mattina mi trovarono con il 100% di FiO2 e molto sofferente.

Durante la notte ebbi una crisi respiratoria molto grave a causa del catarro che si era formato nei bronchi e avevano dovuto rianimarmi.

Mi somministrarono dei corticosteroidi per risolvere il problema, ma essendo intubata non riuscivo ad espellere il catarro accumulato nei bronchi.

Cosi’ si tornava giu’ per il Rollercoaster, cosi’ gli americani chiamano l’ottovolante e per una volta ancora avrei dovuto cavarmela da sola, perche’ i medici, pur bravissimi, fanno quello che possono, il resto lo devono fare i bambini se vogliono sopravvivere.

Una terapia di Tefamin e la mia grinta mi permise di riprendere a respirare con un valore di FiO2 sempre decrescente.

Il mio peso il giorno di Natale fu esattamente di 1000 g e come regalo, nonostante fossi ancora intubata, mi diedero in braccio alla mia mamma per la prima volta, la quale per la gioia dell’evento e a causa della nevicata eccezionale, arrivo’ a casa per il pranzo natalizio alle 15.30 facendo aspettare tutta le famiglie riunite, ma torno' con una felicita' che non conosceva da tempo.

Il peso era in aumento, la respirazione in miglioramento e dopo esser stata estubata e aver tenuto le nasocannule (NCPAP) per pochissimo, finalmente per capodanno, dopo 50 giorni, respiravo da sola.

Le visite oculistiche diagnosticarono una ROP di secondo grado in ambedue gli occhi e se fosse rimasta stabile non sarebbe stato un problema.

Il quantitativo di latte per la mia alimentazione era in aumento e dopo quasi 60 giorni venne tolta l’alimentazione parenterale e vivevo di solo latte della mia mamma, che da tutti i medici viene sempre definito miracoloso per il decorso della NEC.

Venivo alimentata mediante un sondino gastrico perche’ i prematuri non hanno la forza per succhiare; iniziai in quel periodo la marsupioterapia che consiste nel essere posizionata sul seno a stretto contatto con la mia mamma.

Questo trattamento garantisce ottimi risultati nei prematuri che vivono la prima parte della loro vita in una scatola di plastica e vengono toccati solo dalle infermiere che li devono sforacchiare con gli aghi per le indispensabili terapie.

Verso meta’ Gennaio venni vaccinata con il Synagis che e’ un costosissimo farmaco specifico contro l’RSV che rappresenta un altro salto nel buio per i prematuri e che fortunatamente riuscii a scansare.

L’oculista nelle visite successive riscontro’ un peggioramento di un occhio, ROP 3 nel settore 2 e 3 in 3 quadranti contigui.

Il lasso di tempo compreso tra la 32^ e la 42^ settimana rappresenta statisticamente il periodo piu’ probabile per il peggioramento della ROP.

Venni visitata piu’ frequentemente perche’ il peggioramento e’ solitamente molto repentino e purtroppo, infatti, un bel giorno telefonarono nuovamente a casa per dire di presentarsi immediatamente per autorizzare l’operazione.

Il mio occhio sinistro era peggiorato e tre quadranti contigui di proliferazione capillare, erano diventati sei, cosi mi dovettero operare con la crioterapia e con il laser.

Fui operata solo ad un occhio perche’ l’altro era stabile, inoltre il problema nell'occhio meno grave, era limitato. L’operazione venne eseguita in modo perfetto, ma quando mi riportarono sotto anestesia in reparto successe una cosa terribile.

Dissero ai miei genitori di entrare pure nella sala di alta terapia intensiva che era andato tutto bene, ma mentre mi stavano sistemando nella culla, sotto anestesia generale e intubata come i primi giorni di vita, si sposto’ improvvisamente il tubicino che mi teneva in vita.

Diventai cianotica in un attimo e il monitor comincio’ a segnare un valore di saturazione velocemente decrescente 80, 50, 40, 20, 10, 5, 2, 1,0 "Fate uscire subito i genitori!" urlo’ la dottoressa.

I miei genitori avevano gli occhi fuori dalle orbite, la loro piccola cucciola dopo aver lottato con problemi giganteschi ed esser sopravvissuta, per una banalita’ rischiava di morire.

Uscirono, ma dopo un attimo decisero di rientrare, nulla li avrebbe tenuti fuori; attesero che la situazione, che era sfuggita, venisse ripresa in mano e in breve cio’ avvenne, ma furono veramente, secondi interminabili.

Rapidamente venni rianimata la saturazione riprese valori normali e tutto torno’ come prima.

La vice-primario assicuro’ papa’ e mamma sulle mie condizioni e non ci furono altri problemi.

Dopo due giorni mi ripresi dall’anestesia, con la grinta dimostrata in altre situazioni, mi estubai da sola e visto che respiravo bene mi lasciarono senza altri macchinari.

La progressione con cui prosegui’ il resto dei giorni passati in reparto , fu perfetta e dopo circa 20 interminabili giorni finalmente me ne andai a casa.

La mi degenza duro’ 133 giorni, di cui 50 intubati, il mio peso passo’ da 690 g alla nascita a 2.180 g alla dimissione.

Ho affrontato veramente di tutto, ma ce l’ho fatta.

Mi auguro che questa mia storia possa servire a qualcuno..... a qualche genitore che ha un bambino nato nelle mie condizioni.

Spero che questo possa aiutare a sperare.

La luce in fondo al tunnel e’ sempre accesa.